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Avv. Vittorio Poli
I furti nei negozi sono un fenomeno che non conosce “crisi” e che, da sempre, produce un ampio numero di procedimenti penali.
Più volte si è assistito, nel tempo, a tentativi di introdurre strumenti deflattivi, ritenendo sproporzionata la “macchina giudiziaria” che occorreva mettere in moto per ciascun episodio.
Nello stesso senso si è mossa anche la riforma Cartabia (dlgs 10 ottobre 2022, n. 150), che ha modificato l’art. 624 co. 3 cp (“Furto”) rendendo procedibili a querela i casi di furto di beni esposti alla pubblica fede.
Fin qui niente di particolare. Se non che, sono intervenute alcune recenti prese di posizione della Procura della Repubblica di Milano che sembrano voler amplificare questo intento deflattivo ben oltre l’intenzione del Legislatore. Creando però, in tal modo, non pochi problemi soprattutto per quelle società che hanno numerosi negozi sparsi sul territorio.
A fronte di alcuni furti, per i quali era stata presentata querela nell’immediatezza dalle titolari dei singoli punti vendita coinvolti, la Procura della Repubblica ha infatti presentato richieste di archiviazione che, pur firmate da magistrati tutti diversi, utilizzano gli stessi argomenti e, perfino, le stesse parole.
Il “succo” è che la querela, secondo la Procura milanese, dovrebbe essere firmata personalmente dal legale rappresentante della società titolare del punto vendita o da una persona munita di procura speciale “rilasciata con atto pubblico o scrittura privata autenticata”.
Si tratta di una soluzione che, nella pratica, appare di difficile gestione per quelle realtà che dispongono di numerosi negozi (decine o, a volte, anche centinaia), gestiti abitualmente da una figura (il/la “responsabile”) che è soggetta a frequente rotazione: ipotizzare di rilasciare per ciascuna una procura notarile (e revocarla ogni volta che viene sostituita nell’incarico) non è realistico.
Nemmeno lo è pensare che vi possa provvedere direttamente l’amministratore delegato.
Per questo motivo, qualche realtà particolarmente impattata dalla posizione assunta dalla Procura di Milano ha deciso di intervenire, opponendosi alle richieste di archiviazione man mano pervenute.
Una prima pronuncia del Tribunale (ufficio GIP) sembra rimettere le cose a posto: il Giudice, infatti, nel respingere la richiesta di archiviazione ricorda che “la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il responsabile di un esercizio commerciale, anche qualora risultasse sprovvisto di poteri di rappresentanza o institori del proprietario dei beni posti in vendita, ha legittimazione alla proposizione della querela per i fatti di furto della merce detenuta ed esposta al pubblico”.
In effetti, nella giurisprudenza della Corte di Cassazione si ammette pacificamente che la querela possa provenire - oltre che dal legale rappresentante della società titolare del punto vendita, o da un suo procuratore speciale - anche da altri soggetti che sono posti in una relazione di fatto con il bene oggetto di furto: responsabile del negozio, cassiere, responsabile della sicurezza, sono tutti “detentori qualificati” e come tali, titolari in proprio del diritto di presentare querela.
Nel caso oggetto di questa pronuncia, il Giudice ha, da un lato, respinto la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero e, dall’altro lato, dichiarato la particolare tenuità del fatto, così dimostrando l’esistenza di altre possibili strade in grado di raggiungere il medesimo obiettivo deflattivo, senza dover forzare le norme al di là di quanto sia consentito.
Questo primo tentativo, dunque, è stato respinto. Altri sono in attesa di decisione. Solo il futuro ci dirà chi uscirà vincitore. Intanto, le società stanno a guardare, in attesa di capire come doversi comportare.