Furti in negozio: ci sono novità?
26 Maggio 2025La nuova aggravante contro truffe online e phishing: inasprimento reale o apparente?
Avv. Carlo Tempesta
Con l’entrata in vigore della Legge n. 90 del 28 giugno 2024, recante “disposizioni in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici”, è stata introdotta nel reato di truffa un’aggravante specifica relativa alle c.d. “truffe online”.
Dai lavori preparatori e dalla stessa rubrica legislativa risulta esplicito l’intento del Legislatore: inasprire la risposta e le sanzioni legate al fenomeno delle frodi informatiche.
La nuova disposizione (art. 640 comma 2 n. 2-ter cp) sanziona ora con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 309,00 Euro a 1.549,00 Euro i fatti commessi “a distanza attraverso strumenti informatici o telematici idonei ad ostacolare l’identificazione propria o altrui”.
Al di là dell’evidente profilo propagandistico, non risulta agevole individuare la reale portata innovativa della modifica normativa, quantomeno in merito a tale fattispecie criminosa.
Il previgente impianto del reato di truffa, infatti, contemplava già una circostanza aggravante – di identico trattamento sanzionatorio – per i casi in cui il raggiro fosse stato agevolato da circostanze di tempo o di luogo tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (art. 640 comma 2 n. 2-bis in relazione all’art. 61 n. 5 cp). E la Corte di Cassazione è sempre stata pacifica nel ritenere che questa aggravante si applicasse anche anche nei casi di distanza e di assenza di contatto diretto propri delle truffe online, in cui il truffatore grazie allo schermo di internet può raggirare la vittima con maggiore facilità.
Stando così le cose, sembrerebbe che la novella legislativa non abbia in sostanza… novellato alcunché, limitandosi a recepire a livello normativo ciò che era già chiaro a livello giurisprudenziale.
La situazione è però, in realtà, ben diversa.
L’applicazione dell’aggravante sopra citata ai casi di truffe online aveva finito per essere talmente diffusa nella prassi applicativa (talvolta perfino in casi solo marginalmente riferibili all’utilizzo di internet), che la stessa giurisprudenza aveva iniziato ad avvertire la necessità di mettere dei paletti.
Emblematica sul punto la sentenza n. 28070/2021, in cui la Corte di Cassazione aveva esplicitamente negato che l’art. 61 n. 5 cp potesse essere applicato automaticamente a tutti i casi di truffa online, dovendosi invece cercare la prova di
“un concreto e consapevole approfittamento, da parte del colpevole, delle opportunità decettive offerte dalla rete, non potendosi escludere che nel singolo caso la truffa sia realizzata bensì con lo strumento on line, ma senza che ciò comporti una reale, specifica situazione di vantaggio per l'autore”.
Proprio sulla base di questo input pare essersi mosso il Legislatore che, con l’inserimento del nuovo comma 2 n. 2-ter nell’art. 640 cp, ha cristallizzato una definizione rigida delle truffe online, così di fatto scorporandole da quelle punite dal precedente n. 2-bis (e, quindi, dall’applicazione alle stesse delle circostanze aggravanti comuni stabilite dall’art. 61 n. 5 cp), mantenendone però l’identico trattamento sanzionatorio aggravato.
Tale novella è già stata oggetto di una recente pronuncia della Corte di Cassazione, la quale, oltre a ribadire la necessità di verificare l’esistenza di un concreto vantaggio ottenuto grazie all’utilizzo dello strumento informatico o telematico, specifica altresì che la norma
“attraverso l'esplicito riferimento all'uso di "strumenti informatici o telematici (e quindi non telefonici, n.d.r.) idonei a ostacolare la propria o altrui identificazione", delimita nettamente il perimetro della aggravante, escludendo implicitamente che laddove vi siano contatti “reali” (cioè telefonici) o trasparenza di informazioni (fornendo i propri dati identificativi) vi possa essere la minorata difesa”.
A questo punto – a fronte di un trattamento sanzionatorio immutato e ad una definizione più stringente di “truffa online” – è lecito domandarsi se l’introduzione della nuova aggravante specifica realizzi efficacemente quell’intento maggiormente repressivo dichiarato dal Legislatore.
Si consideri, ad esempio, che poco dopo lo scorporo della truffa online, l’aggravante comune di cui all’art. 61 n. 5 cp è stata oggetto di un significativo aumento di pena (ad opera del Decreto Legge 11 aprile 2025, n. 48). A ben vedere, dunque, tra tutte le ipotesi di truffa aggravata quella online risulta oggi quella punita con minor severità.
Pur apprezzando lo sforzo semantico del Legislatore nel definire con maggior rigore un concetto strettamente legato all’evoluzione tecnologica, non si può non osservare come quello che può apparire prima facie come un inasprimento della risposta punitiva nei confronti di fenomeni sempre più diffusi e difficili da contrastare (quali il phishing e simili), rischi in realtà di ottenere l’effetto contrario.
Ciò anche in ragione della contemporanea modifica del regime di procedibilità: mentre le truffe aggravate ex art. 61 n. 5 cp restano punibili d’ufficio, le “nuove” truffe online punite dal nuovo comma 2 n. 2-ter sono state espressamente incluse tra le fattispecie procedibili a querela.
Il tutto senza dimenticare ulteriori problemi interpretativi, ad esempio in tema di applicabilità degli istituti deflattivi: ora che non fanno più parte dell’art. 61 n. 5 cp, per le truffe online rimane ancora valido il divieto di applicare la particolare tenuità del fatto?